domenica 25 giugno 2017

Chi difende i diritti delle lavoratrici, quando fanno il mestiere più antico del mondo?

Per un momento, dimentichiamoci tutte le scemenze scritte negli ultimi due post, perchè questo ha l'ambizione di essere un piccolo angolino informativo di ciò che sto vedendo in India.

Vorrei però prima fare una premessa:
questo è il blog di una donna che si è sempre dichiarata fermamente femminista.

Vorrei che fosse chiaro prima di continuare la lettura, ciò che io intendo per femminismo. Per me non è l'estremizzazione, non è la superiorità della vagina, non è un mondo senza uomini sai che bello, non è la donna migliore dell'uomo, non è incolpare il sistema per l'esistenza della ceretta.
Per me il femminismo è diviso in due semplici parole: uguaglianza e scelta.
E so benissimo che uomini e donne sono diversi biologicamente e ci sono tutta una serie di comportamenti che entrambi non capiremo mai gli uni delle altre (e probabilmente è questo che rende così interessante e psicotico il gioco del corteggiamento).

Quando parlo di uguaglianza, intendo eguali possibilità.
E quando parlo di scelta, che è il potere più grande che secondo me viene affidato agli esseri umani, intendo il potere di scegliere per noi stesse.
Se una donna, in totale autonomia, decide una cosa per se stessa, avrà il potere della scelta, e potrà definirsi libera.
Se una donna decide di indossare un velo, senza che nessuno glielo imponga, è giusto così, e se tu le imponi di levarlo sei tu a sbagliare.
Se una donna non te la vuole dare, non è una figa di legno, il corpo è suo e decide lei.
Se una donna decide di darla via più spesso di quanto tu consideri "normale", non è una troia, il corpo è suo e ci fa quel che vuole.
Se una donna decide che non vuole un figlio, e vuole ricorrere all'aborto, la scelta è sua perchè il corpo è suo.
Se una donna decide di usare il proprio corpo per dare piacere ad un altra persona, e farsi pagare, non vedo chi debba essere tu per impedirglielo, fintanto che si tratti di una scelta libera da condizionamenti e autonoma - e questo non è un esempio casuale, visto che tratterà proprio di questo il mio articolo.
Questo è il femminismo, per me. E non è una parolaccia, non bisogna vergognarsi di dichiararsi tali, anche se spesso è stato considerato come un insulto, per me rimane un gran complimento.

Ora, potete essere d'accordo con me, o meno, non che mi interessi molto, è giusto che ognuno abbia la sua idea, ma mi sembrava giusto specificare da quale lente viene vista la società che andrò a raccontare, visto che ormai sappiamo tutti che io non riesco ad essere così oggettiva nei giudizi.

Perchè tutta questa premessa di pomposo autocompiacimento femminista?

Perchè è giunto finalmente il momento di spiegare cosa ci faccio qui, o meglio, una parte.

A Chennai collaboro con un'associazione chiamata Nirangal, che insieme ad un network di altre organizzazioni chiamato Tamil Nadu Rainbow Coalition, si occupa della tutela, della difesa legale, del supporto della comunità LGBTQ (lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer). La mia stessa responsabile, nonchè padrona di casa, è una transgender. Vi prometto che approfondirò tutto il discorso diritti LGBT nell'articolo dedicato al Pride, per ora ho un'altra storia da raccontare.

Non è solo di diritti LGBTQ che ci occupiamo.
L'altro giorno ho assistito ad un dibattito, organizzato da una delle associazioni della  Tamil Nadu Rainbow Coalition, chiamata SIAPP (South India AIDS Action Programme) che si occupa da circa 27 anni, della prevenzione e cura delle malattie sessualmente trasmissibili, in particolare il virus HIV, che in un paese come l'India è comunque un problema piuttosto grave. Prima di tutto perchè non c'è prevenzione, non si parla di sesso per vergogna, una ragazza mi ha detto che entrare in farmacia per comprare preservativi è difficile perchè tutti ti guardano male e non hanno i distributori automatici. Poi non c'è informazione, non essendoci la totale libertà di parlare di rapporti sessuali, non può esserci informazione per quanto riguarda le malattie sessualmente trasmissibili, di cui l'AIDS è solo un esempio. Su tutto il territorio sono nate queste associazioni che aiutano principalmente sex workers, ma non solo, anche transgender, donne, adolescenti e membri della comunità in generale, ad avere una maggior conoscenza del problema o supporto psicologico nel caso abbiano già contratto la malattia.



Questo dibattito, menzionato poco fa, riguardava i Sex Workers.
Ora, vorrei che in italiano ci fosse una parola che possa rendere l'idea senza ridicolizzare, rendere volgare, o svuotare di significato quello che è un/una Sex Worker. Potrei usare la parola prostituta, ma storco il naso per diversi motivi.
Prima di tutto prostituta è limitante alle semplici donne, quando sappiamo benissimo che ci sono anche uomini, omosessuali o meno, che svolgono questo lavoro.
Secondo, il termine prostituta, in Italia, è considerato un insulto. E questa cosa non mi sta bene, soprattutto perchè queste persone meritano grande rispetto, e lo capirete appena vi racconterò alcune delle loro storie.
Terzo, in Italia c'è la concezione che le prostitute facciano questo lavoro solo ed unicamente sotto sfruttamento di terzi, senza considerare che alcune/i possano sceglierlo come lavoro in totale autonomia (qui ci vuole la citazione telefilmica, se non l'avete mai visto, vi consiglio di guardare "Diario di una squillo per bene", in inglese "Secret Diary of a call girl". Ok, è una commedia. Ok, è un'americanata. Ok, è limitante all'ambiente della classe medio ricca. Ma è pur sempre un'idea).
Mi trovo quindi un po' in difficoltà a trovare una parola italiana per esprimere il concetto di sex worker, quindi ho deciso che lo lascerò in inglese, tanto credo che il significato sia chiaro a tutti.

Mi asterrò dai termini di paragone, perchè non ho una conoscenza abbastanza vasta delle leggi in merito alla prostituzione in Italia, quindi prendete il mio articolo più come puramente informativo che comparativo.

È stato stimato, dall'organizzazione "Me and My World", con sede nello stato dell'Andhra Pradesh, che ci sono circa 800mila donna che lavorano come sex worker in tutta l'India, anche se il numero è difficile da calcolare con precisione, soprattutto perchè non sono calcolabili tutte le donne che fanno questo lavoro sotto sfruttamento, e non vengono prese in considerazione in questa cifra né trangender né uomini, quindi il numero è sicuramente più alto.

Le storie di queste donne sono davvero difficili. E dopo il dibattito ho avuto modo di avvicinarmi a loro, o meglio, loro hanno accerchiato il giocattolino esotico e hanno iniziato a farmi domande, a toccarmi i tatuaggi, giocare coi miei ricci, dirmi che sembravo una bambolina di porcellana, insomma sono diventata la loro mascotte. Questo mi ha permesso di entrare in confidenza e farmi raccontare qualcosa di loro, lontano dalle tante persone presenti in sala.

La prima a parlarmi è veramente bellissima, sia per la forma del viso, sia per tutti gli orpelli e i ninnoli dorati che indossa e sia perchè, pur avendo 5 figli e 29 anni, ne dimostra appena 23 al massimo. Mi racconta che il suo primo marito l'ha lasciata e da tre anni lavora come sex worker per mantenere lei, i suoi figli, sua sorella e sua madre. Mi dice che è fiera del lavoro che fa, perchè le permette di mantenere la sua famiglia. Ora ha un compagno, al quale non può raccontare il lavoro che fa. Anzi, non lo può raccontare a nessuno perchè "immagina se venissero a sapere il lavoro che faccio, chi si sposerebbe mai la figlia di una sex worker? E io ne ho 4 da accasare". Ha provato a cercare altri lavori, principalmente perchè ha paura delle violenze della polizia (che proprio poco tempo fa ha mandato in ospedale la sua amica, dopo averle rotto una gamba con un manganello, e lasciandola senza possibilità di lavorare per un mese), ma nessuno di questi le permette di guadagnare così bene, e lei vorrebbe davvero mandare i suoi figli all'università, soprattutto le figlie perchè "per loro voglio il miglior futuro possibile, anche se questo non significa il miglior presente per me"

La seconda è una storia di orgoglio. Questa donna è nata in una famiglia ricca, composta da due avvocati, sposa un uomo della classe media, e hanno diversi problemi economici. Nascono i bambini, ma la povertà cresce. Tanto che due di questi muoiono per colpa della povertà, con una combinazione fatale di carenza di cibo e malattie. A questo punto il marito le dice senza mezze misure che deve trovarsi un lavoro che le permetta di guadagnare, e anche bene, in modo indiretto le suggerisce proprio quella strada. Ad oggi la situazione è cambiata. Grazie al suo lavoro è riuscita a mandare all'università i suoi tre figli e dice che è fiera di quello che fa, perchè le permette di mantenere la sua famiglia e di dare ai suoi figli tutto quello che meritano, salvandoli dalla povertà e dalla fame.

Tante di loro mi raccontano storie simili, di povertà e di abusi dentro e fuori le mura di casa. Fuori, da parte della polizia, e dentro da parte dei mariti quando non portano a casa abbastanza soldi. Il problema della polizia, è davvero un problema reale. In alcuni casi si limitano ad essere violenti con loro, sia in modo fisico sia psicologico, facendole vergognare di quello che fanno o sputando sui loro vestiti. Altre volte è successo che, non potendole arrestare per il reato di prostituzione (e dopo vi spiegherò perchè), si inventano false accuse, come per esempio contrabbando di stupefacenti, per poterle arrestare e trattenerle almeno per la notte. In altri casi, come mi ha raccontato una ragazza dallo stato del Maharashtra, che è uno degli stati dell'India con i redditi più alti, la polizia arresta i clienti, che essendo gente facoltosa, non si presenterà una seconda volta per paura che venga infangata la loro reputazione.

Ma la storia che mi ha segnato di più, è quella di una signora che oggi ha anche una certa età, un po' pienotta e non certo avvenente. Proprio lei, appena mi vide, mi chiede "ma tu sei sposata?" io tranquillamente le ho risposto di no, già pronta all'assalto tipico delle donne di una certa età che mi dicono che sarebbe anche ora, e invece lei mi ha risposto "brava, e non ti sposare, mai", idola della vita, infatti quando parlava di altre cose faceva davvero morire dal ridere, una simpatia travolgente. Il che è ancora più sensazionale, se ripenso a cosa ha dovuto affrontare nella sua vita. Si sposa a 14 anni, anche se i matrimoni dei bambini rimangono illegali, a livello informale questa pratica non si è mai realmente estinta. Il primo figlio arriva un anno dopo, e poi un altro, un altro ancora, e via alla famiglia numerosa, il che economicamente non è un gran problema, visto che il marito è un funzionario governativo. Fila tutto liscio finchè a 18 anni scopre di avere una malattia al sistema riproduttivo, che per un certo periodo le impedirà di avere rapporti sessuali e di svolgere una vita normale. Il marito decide quindi di assumere una specie di domestica. Devo dirvi come va a finire o avete visto abbastanza film/telefilm/telenovelas per sapere che il marito scappa con la domestica e tanti saluti e baci? Ecco, esattamente. Non solo. All'epoca lei aveva solo 19 anni, troppo pochi per affrontare un divorzio da sola. Il marito fa di tutto per portare quanto più possibile la situazione della sua parte durante l'udienza per il divorzio, dichiarando che è stata lei a tradire e che lui non era nemmeno sicuro che quei figli fossero suoi, uscendone indenne senza nemmeno dover dare un mantenimento all'ormai ex moglie. La mia amica è comunque determinata a dare ai suoi figli la vita che meritano, quindi prova a richiedere lavoro come centralinista. Il datore di lavoro, o meglio colui che le fa il colloquio, in un primo momento le promette il lavoro, ma successivamente la rapisce e la vende ad un trafficante di donne in Singapore che si occupava di pedopornografia. Dopo ben dieci anni, lei riesce a tornare in India, dai suoi figli. Inizia però a lavorare come sex worker, perchè non ha molte altre alternative. La vita continua ad essere meschina con lei, dopo la morte del suo primo figlio, spende tutti i suoi averi per la dote di sua figlia, cercando almeno di poterle assicurare un buon matrimonio. Qualche anno più tardi, in uno scontro con la polizia, il suo secondo figlio maschio viene accoltellato e muore, lasciando moglie e due bambini. Pur non essendo suo obbligo legale, lei decide di prendersi cura di loro e ora la sua vita è questa, anche se ha intorno ai 40 anni (e non mi ha voluto dire di più), tutte le sofferenze che le ha inflitto la vita, che sembrano davvero non finire mai, lei ha trovato la forza di raccontarmi la sua storia e di farmi anche una battuta subito dopo.

Capite perchè queste donne meritano tutto il nostro rispetto?

La domanda è, cosa fa intanto lo Stato?
L'unica vera legge in tutela di questa categoria lavorativa, è rappresentata dall' "Immoral Traffic Prevention Act" che è datato 1956. La società civile nel frattempo è cambiata in modo velocissimo verso una modernità alla quale, spesso, è difficile stare dietro, sia per i cittadini sia per i legislatori. Infatti questa legge ha una grandissima limitazione, pur non considerando la prostituzione un reato: si riferisce solo alle sex workers che vengono sfruttate, lasciando completamente prive di protezione coloro che svolgono questa attività volontariamente, e parlando principalmente di traffico di umani.

La svolta è arrivata nel 2011 con la sentenza della Corte Suprema sul caso Buchadec Karmakar vs the State of West Bengal.
L'india ha un processo di formazione delle leggi un po' diverso dal nostro e molto più vicino ad un modello anglosassone. Pur essendoci la formazione di Act all'interno del Parlamento (le nostre leggi), c'è anche la componente dello stare decisis, o precedente vincolante. Proprio come negli USA. Praticamente, detto in parole molto semplici per non dilungarmi troppo, quello che viene deciso in un sede giudiziaria nel verdetto di un processo, diventerà vincolante per tutte le corti inferiori. Quindi se un verdetto proviene dalla Corte Suprema, che è l'organo giudiziario al vertice del sistema gerarchico, tutte le corti saranno vincolate dalle sue decisioni e quelle decisioni potranno essere applicate in altri casi come precedenti, in questo caso i precedenti diventeranno "fonti del diritto". Faccio un esempio molto scemo, Io faccio causa a Pinco Pallo perchè mi ha tinto il cane di blu. Nella legislazione vigente non c'è nessuna legge in merito a chi tinge i cani di blu, il mio giudice decide che in effetti pitturare i cani di blu è da stronzi, quindi manda Pinco in carcere. Da quel momento, chiunque altro venga citato in giudizio per aver tinto il cane di blu, finirà in prigione (l'ho davvero semplificata troppo e vorrei chiedere scusa alla Cantoni per questo, non mi revochi l'esame in Diritto Internazionale, io le voglio tanto bene!).
Altro esempio che la Corte Suprema ha di influenzare il panorama legislativo sono le raccomandazioni, che non hanno forza di legge, ma vengono accolte dal Parlamento, a volte in modo favorevole e quindi tramutate in Act con tutto l'iter legislativo, oppure semplicemente rigettandole o, nel caso non volessero sbilanciarsi sul tema, lasciandole in sospeso.

Quindi, questo caso è stato presentato alla Corte Suprema, in ultima istanza, e riguardava l'uccisione di una sex worker, che era stata declassata dalla corte inferiore (la High Court) come "un incidente" aggiungendo - con qualche semplificazione - che in fondo si trattava solo di una sex worker.
La Corte Suprema, quando si trova a dover decidere su casi riguardanti grandi temi presenti sul territorio, spesso da un occhio di riguardo sia alla situazione sociale attuale, sia allo schieramento dell'opinione pubblica. Il tema delle sex worker iniziava ad essere di peso considerevole, così la Corte decise, nel 2016, di non assumersi la responsabilità di una tale decisione, ma si esprime in merito al fatto che la donna deceduta, prima di essere "solo" una sex worker, era in primis una cittadina indiana, ed in quanto tale merita giustizia. Decise quindi di passare la patata bollente ad un Panel composto da quattro giuristi, che avrebbero dovuto scrivere una serie di regolamentazioni, che poi sarebbero passate al vaglio della Corte Suprema, dal quale sarebbe uscita una raccomandazione, che sarebbe andata in Parlamento, che eventualmente si sarebbe tramutata in legge, che al mercato mio padre comprò.

Da questo Panel sono uscite delle cose bellissime:
- Prima di tutto queste regolamentazioni avrebbero riguardato donne, uomini e transessuali
- Secondo poi, è d'obbligo una distinzione netta tra chi fa questo lavoro volontariamente e chi è vittima dello sfruttamento del traffico sessuale (in India proveniente principalmente dal Nepal)
- Concessione dei diritti ai lavoratori volontari e delle libertà fondamentali e delle protezione legale (quindi la Ration Card - che permette ai cittadini più poveri di beneficiare di un certo quantitativo di cibo, benzina e altri beni di prima necessità - la possibilità di mandare i figli a scuola gratuitamente ed un riparo notturno e diurno per i figli)
- Diritto alla privacy, cioè senza il loro consenso, non devono essere fotografate
- Una ridefinizione dei termini dell'Act del '56, come per esempio il divieto di lavorare nei luoghi pubblici, vige la regola del "chi è arrivato prima?", se è da tempo immemore luogo nel quale lavorano le sex worker, prima che l'edificio pubblico venisse costruito, queste hanno la priorità e viceversa.
- La polizia può arrestare una sex worker solo con un mandato, altrimenti se viene trattenuta in custodia, devono esserci un magistrato o un avvocato per potersi accertare che la lavoratrice sia volontaria e non vittima di sfruttamento da parte di terzi.

È tutto davvero bello, vero?
Peccato che sia anche tutto molto fermo, al vaglio della Corte Suprema, che sta ancora valutando le diverse proposte.

Ci sono anche governi che hanno cercato di attuare programmi per "salvare" le donne dalla scelta di una vita come sex worker, come lo stato del Karnataka che offre loro 20mila Rupie per smettere di lavorare. In Euro sono circa 270. Ora, va bene che la vita in India costa poco, ma come mi ha detto una delle mie nuove amiche "cosa me ne faccio di 20mila Rupie per smettere di lavorare, che comunque non mi basterebbero mai per tutta la vita, se quei soldi posso farli in pochi giorni?". Ecco, penso che abbia centrato il punto. Senza contare gli immensi giri burocratici necessari per ottenere questo denaro, così contorti e lunghi che farebbero perdere la pazienza anche a Gandhi.

L'India è uno stato molto conservatore, fortemente legato alla componente religiosa/culturale e del "rispetto della famiglia", soprattutto nel sud.
Possiamo sentirci migliori noi, in Italia? Quando abbiamo migliaia di donne che, in qualsiasi condizione atmosferica, si ritrovano sul ciglio di una strada, sfruttate, senza alcuna protezione legale, senza diritti, dei fantasmi che tutti vediamo e che, per tutti, è più facile far finta che non esistano. Uno Stato che non permette alle nostre sex worker volontarie, di esercitare il loro mestiere in modo legale, pagando le tasse come tutti gli altri lavoratori. Uno Stato dove se supporti le prostitute allora sei davvero sbagliata. Uno Stato che ha ancora paura a pronunciare le parole SESSO e PRESERVATIVO in pubblico. Uno Stato che ha paura della sessualità, che è comandato da una mentalità chiusa in se stessa e in precetti religiosi antichi, che sembrano impossibili da scalfire. Eppure la Maddalena di cui si parla nel Vangelo è stata accolta dal vostro Gesù (anche se proprio tra quelle pagine non viene mai specificato il fatto che si trattasse di una prostituta, il termine "peccatrice" nella tradizione popolare è stato trasformato in prostituta).

Vi sembra forse che l'Italia sia in una situazione migliore, che dall'alto del nostro pulpito noi possiamo giudicare ciò che accade in India? Io ho trovato a malincuore così tante cose simili, la vergogna della sessualità in primis. E la soluzione è "esorcizzare" questi discorsi, parlarne in maniera naturale, perchè di questo si tratta, natura.
Credo che tante cose possano essere fatte dai nostri legislatori, ma come dicevo prima, se anche un organo come la Corte Suprema non ritiene l'opinione pubblica preparata per un cambiamento radicale in tema di diritti civili, questo cambiamento non avverrà, né in India, né in Italia dove sono i nostri governanti (cattolici a convenienza) a dover decidere.
Onestamente non credo che i diritti abbiano qualche differenza religiosa.

Perchè proprio come hanno detto oggi al Pride "Sexual rights are Human Rights".

Stay tuned, stay sexual, use condom, love who you want.








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